PROGETTO STRUTTURA SANITARIA IN BRESCIA CON CONFERIMENTO DELLO STUDIO
PROGETTO STRUTTURA SANITARIA IN BRESCIA CON CONFERIMENTO DELLO STUDIO
1.PREMESSA
Quali sono i motivi che spingono verso la costituzione di una Srl che svolga attività medica attraverso una procedura di “conferimento” o di “trasformazione”?
Ne cito alcuni:
- Necessità di allargare i servizi offerti per catturare nuove aree di mercato;
- Offrire servizi nell’ambito sanitario a 360 gradi;
- Allargare la propria compagine sociale ad altri operatori ed in particolare a familiari (figli, nipoti etc);
- Acquisizione di altre strutture;
- Accreditamento al servizio sanitario nazionale;
- Costituzione e gestione di poliambulatori;
- Sfruttare economie di scala con risparmio costi;
- Risparmio fiscale quale la tassazione Ires al 24%;
“Ai fini dell'imposta sul reddito, il reddito del professionista viene tassato, per cassa, in base agli scaglioni IRPEF, che attualmente vanno dal 23% al 43%. Gli scaglioni delle aliquote IRPEF si innalzano molto velocemente, infatti già oltre 28.000 euro di reddito si paga un’aliquota IRPEF del 38%. Il reddito della società di capitali, calcolato in base al principio di competenza, viene attualmente tassato ad una aliquota fissa. Dallo 01/01/2017 la legge di stabilità ridurrà ulteriormente l’aliquota al 24%. Se l'intero reddito prodotto dalla società verrà destinato a riserve in Società, esso non subirà alcuna altra tassazione. In caso di distribuzione dell’utile ai soci (dividendo), una parte dell’utile verrà tassata in capo al socio percettore, che se persona fisica con partecipazione qualificata (soci con partecipazione maggiore del 25 % del capitale) avverrà secondo il rispettivo scaglione di reddito; in caso di partecipazione non qualificata (soci con partecipazione inferiore o uguale al 25% del capitale) la tassazione è con ritenuta d’imposta fissa del 26% in capo al percettore. Possiamo tuttavia affermare che quasi sempre con redditi elevati costituire una società di capitali è sicuramente conveniente.”
- La cessione delle quote.
Riporto l’estratto della mia pubblicazione “Il fatto di avere una struttura già avviata che permette la responsabilità limitata nell'esercizio di attività d’impresa può essere considerato un vantaggio, qualora un domani vi sia la necessità della società o del singolo socio di ampliare la compagine societaria vuoi per reperire nuovi capitali, vuoi per introdurre nuove competenze e professionalità, vuoi per realizzare quanto investito o vuoi per il passaggio generazionale. I nuovi soci saranno, infatti, più interessati ad aderire alla società qualora in contropartita del loro apporto ottengano altresì il beneficio della responsabilità limitata.”
- La responsabilità patrimoniale. Riporto estratto della mia pubblicazione
“È sicuramente questo l'aspetto che, insieme ai vantaggi fiscali ed alla facilità nella cessione quota deve motivare l'imprenditore a gestire la propria impresa per mezzo di una società di capitali (SRL o SPA).
Infatti:
- Il professionista individuale, facente parte di uno studio associato, risponde con l'intero patrimonio personale per le obbligazioni assunte nello svolgimento della sua attività.
- Con la società di capitali si ottiene una separazione tra quello che è il patrimonio della società e quello personale dei soci. I creditori possono, infatti, rivalersi solo sul patrimonio sociale, in quanto i soci rispondono solo per le rispettive quote sottoscritte. Il fallimento della società non causa il fallimento del socio.
- IL CONFERIMENTO
Conferire un’azienda significa trasferire un’impresa in un’altra (solitamente in una società), ricavandone in cambio partecipazioni (quote o azioni).
In pratica si “trasferisce” l’impresa in altre società e si riceve in cambio una quota di partecipazione nella società; la partecipazione assumerà un valore fiscale pari all’ultimo valore fiscale dell’azienda conferita e l’operazione avrà luogo senza che sia dovuta alcuna imposta (si paga solo una tassa fissa di registro di 200 euro).
Si tratta ora di capire se l’istituto giuridico del conferimento possa essere applicato anche al mondo professionale.
È opportuno precisare che al riguardo non esiste una normativa specifica: non è regolata né dal codice civile né dai testi tributari. Il codice civile ammette però la costituzione di società a responsabilità limitata mediante conferimento di ogni elemento utile per lo svolgimento dell’impresa tra cui: beni immobili, beni mobili, crediti, opere e servizi, know-how (esperienza professionale), obbligazioni di non fare, obbligazioni future, diritti reali di godimento e garanzia (usufrutti).
Quindi, si può affermare che è possibile conferire uno studio professionale in una società godendo del principio di neutralità fiscale purché vi sia continuità di valori.
L’Agenzia delle Entrate si è pronunciata con la circolare 8/E/2009 risposta 1.3 e con la risoluzione 177/E 2009 in merito a conferimenti in associazioni professionali: secondo la tesi dell’Agenzia, non si forma alcuna plusvalenza fiscalmente rilevante a due condizioni:
- Al momento dell’apporto di clientela nell’associazione professionale non ci deve essere remunerazione in denaro;
- nello statuto dell’associazione professionale deve essere previsto che al momento del recesso colui che ha eseguito l’apporto non riceva alcuna liquidazione del valore dello studio (clientela ed altri beni) e quindi l’unica somma che in quel momento riceverà sarà la quota di utili di competenza dell’esercizio.
Anche il Consiglio nazionale del notariato ha recentemente affrontato l’argomento con la pubblicazione dello Studio n. 224-2014/I.
In questo studio viene affermato che è sicuramente possibile conferire in una società tutto il proprio studio professionale, composto rispettivamente dall’avviamento (il lavoro del professionista), dalla clientela e dai beni strumentali.
L’attuale aspetto che desta dubbi, in senso dottrinale più che pratico, è tuttavia relativo alla cessione della clientela: il rapporto tra un professionista ed i propri clienti è infatti di natura strettamente personale e nulla può impedire ad un cliente di cambiare il proprio professionista di fiducia. Conseguentemente più che “trasferire la clientela” il titolare di uno studio si assumerà “un impegno” per favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti in favore del soggetto subentrante (la nuova società). Ciò tuttavia nel nostro specifico caso non impedisce la fattibilità dell’operazione.
Come si può osservare leggendo gli articoli 2464 e 2465 di seguito riportati dal punto di vista civilistico non esiste alcun divieto esplicito al conferimento.
Conferimenti ex Art. 2464 Codice Civile
Il valore dei conferimenti non può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale.
Possono essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica.
Se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in danaro.
Per i conferimenti di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni degli articoli 2254 e 2255.
Stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti ex Art. 2465 C.C.
Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di un revisore legale o di una società di revisione legali iscritti nell'apposito registro. La relazione, che deve contenere la descrizione dei beni o crediti conferiti, l'indicazione dei criteri di valutazione adottati e l'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale soprapprezzo, deve essere allegata all'atto costitutivo.
Estratti dello Studio Notariato 224-2014/I. riguardanti conferimenti e trasformazione
I conferimenti
Nelle STP (società tra professionisti) appare logico ipotizzare che la maggior parte delle volte i soci professionisti abbiano interesse a conferire in società la propria opera professionale; ciò non toglie, però, che al contrario gli stessi possano preferire il conferimento di denaro o di altri beni che risultino funzionali al perseguimento degli interessi sociali. Si deve, inoltre, tenere presente che nel caso in cui il professionista non abbia assunto l’obbligo di conferire la propria opera professionale, lo stesso rimane libero di prestare o meno tale opera nei confronti della società, che sarà tenuta a negoziare con lui l’assunzione di ogni incarico professionale. Laddove, invece, il professionista intenda conferire la propria opera, egli assumerà la posizione di socio d’opera, la quale è ammissibile tanto nelle società di persone (artt. 2263, comma 2 e 2295, n. 7 c.c.), quanto nelle s.r.l. (art. 2464, comma 6, c.c.). Nelle S.p.A., invece, la prestazione dell’opera professionale potrà formare oggetto o di prestazione accessoria ai sensi dell’art. 2345 c.c., o di apporto eseguito a fronte dell’emissione di strumenti finanziari ai sensi dell’art. 2346, comma 6, c.c. In caso di prestazioni accessorie, l’atto costitutivo deve determinare il contenuto della prestazione, la durata, le modalità e il compenso, stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento. Nella determinazione del compenso devono essere osservate le norme applicabili alla prestazione professionale in oggetto (art. 2345, comma 1, c.c.). Appare, inoltre, coerente con la rilevanza delle qualità personali dei singoli professionisti la previsione contenuta nel comma 2 dell’art. 2345 c.c., in base alla quale le azioni cui è connesso l’obbligo delle prestazioni accessorie devono essere nominative e non sono trasferibili senza il consenso degli amministratori. Un’ulteriore esigenza, che sembra suscettibile di essere avvertita con maggior frequenza nella prassi, riguarda la possibilità di conferire in società il proprio studio professionale, eventualmente comprensivo dell’avviamento e della clientela. Così come appare possibile conferire l’insieme dei beni strumentali all’esercizio della professione, non sembra potersi escludere la conferibilità dell’avviamento inteso come andamento medio del fatturato del singolo professionista che svolgerà la propria attività in forma societaria. Stante la natura personale del rapporto fiduciario che caratterizza il contratto d’opera professionale, sembra invece da escludere che l’avviamento possa avere propriamente a riguardo la clientela, pur se va dato conto che la giurisprudenza ha recentemente considerato lecitamente e validamente stipulato il contratto di trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale, anche relativamente alla parte in cui abbia ad oggetto la clientela. Per quest'ultima, infatti, secondo la Suprema Corte, è configurabile non una cessione in senso tecnico (stante il carattere personale e fiduciario del rapporto tra prestatore d'opera intellettuale ed il cliente e la conseguente necessità del conferimento dell'incarico da parte del cliente medesimo al cessionario), ma un complessivo impegno del cedente volto a favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti ed il soggetto subentrante attraverso l'assunzione di obblighi positivi di fare, quali il compimento di un'attività promozionale di presentazione e canalizzazione, e negativi di non fare, quali il divieto di esercitare la medesima attività nello stesso luogo. In sostanza, tenuto conto del predetto orientamento, il professionista potrebbe assumere l’impegno nei confronti della società – sotto forma di prestazione d’opera o di prestazione accessoria a seconda del modello sociale adottato - di invitare la clientela pregressa a proseguire il rapporto d’opera professionale con la società subentrante. Appare, invece, più difficile ipotizzare che la clientela possa costituire di per sé un bene conferibile a capitale, in considerazione della libertà del cliente di interrompere il rapporto con il professionista e di non proseguirlo con la 17 società subentrante. Diversa è, invece, la possibilità di tener conto della clientela pregressa nella stima del valore dello studio professionale o, eventualmente, della prestazione d’opera conferiti dal professionista. Beninteso, la praticabilità in concreto di tali soluzioni deve essere valutata alla luce dei principi deontologici e di eventuali divieti di legge dettati per ciascuna specifica categoria professionale. Resta comunque da sottolineare come, stante la differente natura delle prestazioni del professionista e la non riconducibilità della attività professionale alla attività di impresa – confermata, sotto tale profilo, proprio dalla peculiare disciplina contenuta nell’art. 10 - le norme codicistiche sul trasferimento di azienda troveranno applicazione in via analogica e nei limiti della compatibilità.
Estratto elaborato della Fondazione nazionale dei commercialisti
Cessione e conferimento dello studio professionale
Il tradizionale orientamento della giurisprudenza escludeva la possibilità di concludere un valido
contratto di cessione dello studio professionale. Si affermava che l’attività professionale, anche se svolta con organizzazione di mezzi strumentali ed assistenza di ausiliari è e resta insostituibilmente personale, non essendo diretta alla produzione di un servizio per lo scambio e non trattandosi di organizzazione imprenditoriale. Di talché, non essendo lo studio un’ azienda, era negata la validità del contratto di cessione dello studio e del suo avviamento(4).
L’impostazione tradizionale è stata lentamente superata dalla giurisprudenza di legittimità la quale, a seguito dell’evoluzione normativa in ambito di professioni regolamentate e di esercizio in forma societaria delle medesime e davanti al mutato contesto socio – economico dove è prassi cedere pacchetti di clientela, è pervenuta ad affermare che è lecito il contratto di cessione dello studio e della clientela dietro versamento di un corrispettivo(5).
La pronuncia segna un’ importante svolta concettuale dal momento che, basandosi su una rigorosa
interpretazione del dato normativo, ciò che oggi è sicuramente lecito, è unicamente il conferimento della prestazione d’opera, ovvero l’apporto d’opera od anche la prestazione accessoria dell’opera
professionale del singolo professionista, secondo la disciplina del tipo societario prescelto in sede di costituzione per la STP.
La questione, come è intuibile, è di una certa importanza e implica l’emersione, almeno sotto un profilo meramente economico, del concetto di avviamento professionale ogni qualvolta l’oggetto della cessione non sia la prestazione intellettuale del professionista bensì lo studio inteso come complesso di beni materiali e immateriali organizzati al fine dell’esercizio dell’attività professionale(6).
Partendo da tali assunti, la giurisprudenza approda ad una nuova concezione di avviamento
professionale in linea con il concetto dell’organizzazione dell’attività professionale.
Dopo l’epoca di importanti pronunce delle Sezioni Unite in cui si chiarisce che il professionista non è un imprenditore e che lo studio professionale non è un’azienda poiché in esso primeggiano l’attività e la capacità del professionista rispetto all’organizzazione dei beni che connotano lo studio e in cui si pone in luce come il concetto di clientela sia influenzato dal nome, dalla professionalità e dalla capacità del professionista e dalla fiducia che egli esprime(7) e dunque non sia autonomamente valutabile, la Corte mette in evidenzia, già in epoca anteriore all’emanazione del d.l. n. 223/2006(8), come in alcuni casi la netta demarcazione studio/azienda tenda ad attenuarsi, rendendo opportuna, pertanto, una valutazione caso per caso con riferimento alla liceità del contratto di cessione dello studio e di cessione della clientela.
In questo orientamento si inquadrano le pronunce della Cassazione secondo le quali anche gli studi
professionali possono essere organizzati in forma di azienda ogni qualvolta al profilo personale
dell’attività concretamente svolta si affianchino un’organizzazione di mezzi e strutture, un numero di titolari e di dipendenti e un’ampiezza dei locali adibiti per l’esercizio dell’attività tali che il fattore organizzativo e l’entità dei mezzi impiegati sovrastino l’attività professionale del titolare o, quantomeno, si pongano rispetto ad essa come un’entità giuridica dotata di una propria autonomia strutturale e funzionale che è suscettibile di una propria valutazione economica nell’ambito del contratto posto in essere dalle parti secondo quanto disposto dagli artt. 2238, 2112, 2255 c.c.(9).
Rispetto a tali realtà il contratto di cessione dello studio condivide la disciplina applicabile al trasferimento d’azienda, emergendo, a livello interpretativo, la fattispecie della cessione della c.d. azienda professionale.
Nei contesti maggiormente organizzati, pertanto, la cessione dello studio comprensivo della cessione della clientela e dell’avviamento viene definitivamente ammessa.
Il principio esposto con riferimento a tali tipologie di studi o associazioni professionali(10) è stato
rielaborato dalla Cassazione in occasione di giudizi vertenti su cessioni di studi professionali di piccole dimensioni(11).
In questa occasione la Corte, oltre ad affermare che il professionista non è un imprenditore(12), che lo studio non è un’azienda e che la clientela fondata sulla fiducia personale non si ricollega ad un substrato oggettivo, si sofferma sull’ evoluzione legislativa degli ultimi anni che ha inciso in modo significativo la stessa concezione dell’attività professionale, svincolandola dallo stereotipo dell’esercizio in forma individuale e consentendone l’esercizio in forma societaria(13).
Nei casi in cui l’aspetto organizzativo prevalga su quello personale dell’attività professionale, la
Cassazione, in linea con i precedenti, riafferma che la vicinanza tra studio professionale e azienda tende ad accentuarsi con le accennate ricadute sotto il profilo della qualificazione del contratto in termini di cessione di azienda (professionale)(14).
Nei casi in cui tale prevalenza non si realizzi e la persona del professionista resti elemento fondamentale all’interno dell’organizzazione dello studio, la Corte ritiene comunque lecito e validamente stipulato in base al principio dell’autonomia negoziale declinato nell’art. 1322 c.c.(15) il trasferimento a titolo oneroso dell’attività ricomprensivo di arredi, di beni strumentali, di rapporti contrattuali di fornitura e della clientela(16).
In particolare, con riferimento alla clientela, non è possibile ipotizzare una cessione in senso stretto:
l’insormontabile principio dell’intuitus personae su cui si fonda il rapporto tra cliente e professionista e, per quanto sopra detto con riferimento al concetto stesso di clientela, l’indeterminatezza dell’oggetto renderebbero nullo il contratto di cessione.
Si tratta, allora, di approdare ad una differente soluzione della questione privilegiando l’interpretazione che implica l’insorgere di un rapporto obbligatorio tra i professionisti interessati.
In altri termini, secondo i giudici di legittimità, il contratto risulterà validamente stipulato ex art. 1322 c.c. in quanto diretto a realizzare un interesse meritevole di tutela, ogni volta in cui il professionista cedente si sia impegnato a favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra i propri clienti e il professionista che subentra e abbia in concreto assunto obblighi positivi di fare (quali l’attività promozionale di presentazione e di canalizzazione)(17) e obblighi negativi di non fare (quale l’astensione dall’esercizio della stessa attività nello steso luogo) che possono essere autonomamente valutati ai fini della determinazione del corrispettivo.
Alla luce di quanto sopra detto in ordine alla cessione a titolo oneroso, l’emersione del concetto della c.d. azienda professionale relativamente agli studi di grandi dimensioni consentirebbe di ritenere valido il conferimento dello studio professionale nella STP, a fronte del quale il professionista previa valutazione anche dell’avviamento e della clientela, riceverebbe quote di partecipazione nella società conferitaria, con applicazione dei criteri declinati per i conferimenti in natura e delle disposizioni dettate in tema di trasferimento di azienda, nei limiti di compatibilità(18).
Nel caso in cui il professionista si obblighi rispetto alla conferitaria ad adempiere quegli obblighi di fare o di non fare così come enunciati dalla Suprema Corte, si sarebbe in presenza di un conferimento di servizio (e d’opera) con particolari ricadute sul piano delle modalità dell’impegno(19).
- PROBLEMATICHE FISCALI DEL CONFERIMENTO
Pertanto qualora venga accettato il discorso della fattibilità del conferimento (e quindi l’assimilazione dello studio ad un’azienda) allora non ci sono problemi ai fini delle imposte dirette in quanto l’operazione è neutrale ai fini fiscali qualora vi sia continuità dei valori contabili (ex.art. 176 Dpr 917/86 di seguito riportato).
Art. 176 Regimi fiscali del soggetto conferente e del soggetto conferitario
- I conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell' esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze. Tuttavia il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell'attivo e del passivo dell'azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti.
L’operazione di conferimento ai fini delle imposte indirette (Iva) è regolamentata dall’articolo 2 del Dpr 633/72 di seguito riportato in estratto che interessa:
Art. 2. Cessioni di beni
Costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprieta' ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere. Costituiscono inoltre cessioni di beni:
1) le vendite con riserva di proprieta';
2) le locazioni con clausola di trasferimento della proprieta' vincolante per ambedue le parti;
5) la destinazione di beni all'uso o al consumo personale o familiare dell'imprenditore o di coloro i quali esercitano un'arte o una professione o ad altre finalita' estranee alla impresa o all'esercizio dell'arte o della professione, anche se determinata da cessazione dell'attivita', con esclusione di quei beni per i quali non e' stata operata, all'atto dell'acquisto, la detrazione dell'imposta di cui all'articolo 19 si considera destinato a finalita' estranee all'impresa o all'esercizio dell'arte o della professione l'impiego di beni per l'effettuazione di operazioni diverse da quelle imponibili ovvero non imponibili ai sensi degli articoli 8, 8-bis e 9, di operazioni escluse dal campo di applicazione dell'imposta ai sensi dell'articolo 7 e dell'articolo 74, commi primo, quinto e sesto, nonche' delle operazioni di cui al terzo comma del presente articolo e all'articolo 3, quarto comma; 6) le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da societa' di ogni tipo e oggetto nonche' le assegnazioni e le analoghe operazioni fatte da altri enti privati o pubblici, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni senza personalita' giuridica.
Non sono considerate cessioni di beni:
- a) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro;
- b) le cessioni e i conferimenti in societa' o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di azienda;
Nell’ipotesi in cui non venga accettato il discorso del conferimento di beni non avrei comunque tassazione:
- ai fini delle imposte dirette in quanto non avrei alcun corrispettivo né evidenziato plusvalenze tassabili
- ai fini delle imposte indirette (Iva) non avrei alcuna evasione d’iva in quanto a suo tempo non è stata detratta (la fattura sarebbe per cessione di attrezzature esenti art.10 n.27 quinquies Dpr 633/72) ; al limite avrei commesso un errore di tipo formale per mancata emissione di documento contabile. In ogni caso vedasi l’articolo 2 cessione di beni punto 5.
- COSTITUZIONE DI SOCIETA’ CON TRASFORMAZIONE DI STUDIO ASSOCIATO IN SOCIETA’ DI CAPITALI
La trasformazione è quella modificazione dell’atto costitutivo che comporta la variazione del tipo o del modello organizzativo e dello scopo, ferma l’identità del soggetto.
Quindi il soggetto trasformato rimane sempre lo stesso, può cambiare il tipo, può cambiare lo scopo ma il soggetto rimane sempre uguale.
Nel caso specifico occorre costituire la società prendendo atto della trasformazione dell’associazione in società di capitali.
Definizione di studio professionale associato
In giurisprudenza lo studio professionale associato è stato qualificato come “contratto atipico di carattere misto” (cass. 16/04/1991 n 4032). La Suprema Corte ha affermato che lo studio professionale associato anche se privo di personalità giuridica rientra nei fenomeni di aggregazione d’interessi (es. società personali, associazioni non riconosciute, consorzi) cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri d’imputazione di rapporti giuridici (Cass. Sez. III 13/04/2007 n 8853 e 24410/2006).
Vi è poi un orientamento secondo cui gli studi professionali associati hanno natura di società semplice in quanto l’attività comune gestita dai professionisti ha come oggetto lo sfruttamento in comune dell’attività professionale dei singoli associati (Cass. Sez II 10/07/2006 n . 15633). Tale orientamento che in passato era minoritario ha preso rilievo con l’avvento delle Società tra Professionisti (STP) in quanto le pronunce contrarie erano emesse a causa del divieto, oggi abolito, di esercitare l’attività professionale in forma societaria (legge 1815/1939).
Un ultimo orientamento minoritario secondo cui gli studi associati sono privi di personalità giuridica definisce lo studio associato come comunione ovvero una comunione ordinaria di mezzi destinati all’esercizio di un’attività economica (non d’impresa) finalizzata alla realizzazione di un utile da dividere tra i professionisti con evidente assonanza con la nozione di comunione d’azienda ex art. 2555 c.c.
In sintesi lo studio associato può essere classificato come società semplice oppure come associazione non riconosciuta. Il legislatore non ha stilato una normativa chiara pertanto tale classificazione può essere definita attraverso l’analisi dell’atto costitutivo dello studio. Tralasciamo la comunione in quanto orientamento minoritario anche se ai fini della trasformazione è assimilabile al punto a) che segue (ex art 2500 octies).
La trasformazione: omogenea o eterogenea
La classificazione del “tipo” societario è basilare per poter definire quale tipologia di trasformazione effettuare.
A. Studio associato classificato come associazione non riconosciuta (contratto atipico)
La trasformazione da studio associato come associazione non riconosciuta (e comunione) a società di capitali viene definita Eterogenea Atipica.
Tale trasformazione è disciplinata dagli artt. da 2500-septies a 2500 novies del codice civile.
C’è da sottolineare che nell’art. 2500-octies, dove viene riportato l’elenco dei soggetti per la quale è ammessa la trasformazione in società di capitali, non viene nominata l’associazione non riconosciuta. Parte della dottrina, in passato, giustificava tale scelta da parte del legislatore nel fatto che si voleva evitare l’acquisto della personalità giuridica per trasformazione. Pertanto la soluzione era in primis effettuare il riconoscimento (associazione riconosciuta) per poi procedere alla trasformazione.
Attualmente l’opinione maggioritaria della dottrina ritiene che tale trasformazione sia consentita (vedi massime dei notai del Triveneto settembre 2008 dove richiamano i principi dell’art 1322 c.c.).
Ad esempio la trasformazione delle associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute in società sportive trova un precedente normativo. Inoltre l’ordinamento ha già valutato positivamente, all’art. 2500-octies c.c. la possibilità di trasformare enti privi di personalità giuridica ovvero non soggetti ad alcuna forma di pubblicità (es. le comunioni di azienda ed i consorzi con attività interna).
Caratteristiche
Tale trasformazione si delibera con la maggioranza dei soci secondo la parte attribuita agli utili.
Esiste il diritto di recesso dell’associato.
Sussiste l’ipotesi di opposizione dei creditori.
B.Studio associato classificato come società semplice
La trasformazione da società semplice a società di capitali viene definita Omogenea Progressiva.
Tale trasformazione è normata dagli articoli 2500 ter e quater del codice civile.
Caratteristiche
Tale trasformazione si delibera con quorum costitutivo pari a ¾ e quorum deliberativo a maggioranza dei presenti.
Sussiste l’ipotesi di opposizione da parte dei creditori.
4.1 Effetti principali della trasformazione
Una volta definito il tipo di trasformazione si procederà tramite notaio a redigere un atto pubblico.
- La trasformazione sarà efficace con l’iscrizione al registro imprese (effetto dopo 60 giorni dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari ex art 2500 c.c.) salvo consenso creditori o pagamento dissenzienti.
- Tutti gli associati hanno diritto all’assegnazione di una partecipazione proporzionale al valore della quota posseduta nello studio associato
- Il regime personale dei soci nei confronti dei creditori sociali muta per effetto dell’operazione di trasformazione. (da illimitatamente a limitatamente responsabile);
- La trasformazione non libera i soci delle responsabilità per le obbligazioni sorte prima della trasformazione (ad eccezione del consenso dei creditori).
- C’è continuità dei rapporti di ogni genere facenti capo allo studio professionale (dipendenti, contratti etc).
- Il numero di partita iva e di codice fiscale non cambia: questo consente di registrare tutti i documenti e velocizzare le tempistiche.
- Varierà l’intestazione della struttura; occorrerà informare i fornitori
- Bisognerà informare l’ATS per l’autorizzazione sanitaria
4.2 La perizia
Per effettuare la trasformazione dello studio in società di capitali è necessario che il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima ex art. 2465. La perizia è effettuata da soggetto iscritto all’albo dei revisori o da una società di revisione.
La perizia ha duplice funzione:
- Accertare che il patrimonio netto dello studio associato non sia inferiore al capitale minimo richiesto per la srl (10.000 €)
- Verificare che il patrimonio netto sia correttamente determinato sulla base dei principi che disciplinano la formazione del bilancio di esercizio del nuovo tipo sociale che si andrà ad adottare.
4.3 Aspetti fiscali
Ricordiamo che la trasformazione non comporta l’estinzione dello studio trasformato, e che il nuovo soggetto conserva diritti ed obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali.
Vale il principio di neutralità fiscale: la trasformazione non costituisce, ai fini fiscali, realizzo né distribuzione delle plusvalenze e delle minusvalenze dei beni. In sostanza nel “passaggio” non si genera materia imponibile con la conseguenza di assumere i beni acquisiti al medesimo valore fiscalmente riconosciuto.
Al contrario, dal punto di vista civile c’è la possibilità di indicare i valori dei beni d’impresa anche a valori di mercato (in genere più alti). A fini fiscali questi maggior valori non avranno influenza (doppio binario).
Gli articoli 170 e 171 del testo unico imposte dirette normano la trasformazione a seconda della classificazione come omogenea progressiva o eterogenea progressiva.
Il concetto da sottolineare è che avremo un passaggio da imposta irpef ad imposta ires pertanto si determineranno due periodi:
ante trasformazione: il reddito di periodo è determinato secondo le disposizioni applicabili prima della trasformazione con l’obbligo di presentare una apposita dichiarazione dei redditi. Il reddito sarà soggetto ad irpef pagato in proporzione dai soci come di consueto.
post trasformazione: il reddito post trasformazione verrà determinato secondo le regole previste per le società di capitali (ires). I soci non verseranno le imposte in proporzione alle quote ma in base all’eventuale distribuzione dividendi.
La trasformazione degli studi e associazioni professionali in STP
Natura giuridica degli studi e associazioni professionali
L’introduzione nel nostro ordinamento della l. 183/2011 ha determinato il sorgere della questione se sia possibile “convertire” gli studi e le associazioni professionali già esistenti in società tra professionisti. Al fine di valutare se gli studi professionali associati possano trasformarsi in STP, si deve cercare di far chiarezza sulla natura giuridica degli studi professionali e sulla applicabilità agli stessi della disciplina della società semplice. Come in precedenza rilevato, il comma 9 dell’art. 10 l. 183/2011 mantiene in vigore le associazioni professionali e i diversi modelli societari disciplinati dalle leggi precedenti, tra cui, in particolare, le associazioni costituite ai sensi dell’art. 1 l. 1818/1939 tra le persone munite dei 30 necessari titoli di abilitazione professionale e che utilizzano la dizione di «studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario». In giurisprudenza, l’associazione fra professionisti è stata qualificata come “contratto associativo atipico di carattere misto”. Dubbio è se la stessa possa essere definita quale centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici (il che la avvicinerebbe in qualche misura alle associazioni non riconosciute), ovvero se essa costituisca semplicemente un fascio di rapporti obbligatori interni tra gli associati, una somma di obbligazioni solidali nei confronti dei terzi, una situazione di comproprietà per quanto concerne i beni acquistati, priva quindi di rilevanza esterna. Nel primo senso sono orientate alcune pronunce in cui si afferma che “poiché l'associazione professionale si configura come un’associazione, benché atipica, in cui lo scopo sociale è l'esercizio «collettivo» della professione, la sua natura è ben distinta da quella di una società, sia pure del tipo personale e non può dunque farsi, nello statuto, un rinvio recettizio alle norme del codice civile sulla società semplice; tale rinvio, infatti, snaturerebbe l'associazione e rischierebbe di violare il divieto di costituzione di società professionali”(all’epoca vigente). Più recentemente la Suprema Corte ha affermato che “lo studio professionale associato, quantunque privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi (quali le società personali, le associazioni non riconosciute, i condomini edilizi, i consorzi con attività esterna e i gruppi europei di interesse economico di cui anche i liberi professionisti possono essere membri) cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, perciò dotati di capacità di stare in giudizio in persona dei loro componenti o di chi ne abbia la legale rappresentanza secondo l’art. 36 c.c.; alla stregua di tale principio, l’avvicendamento di persone diverse, quali rappresentanti dell’associazione professionale, non importa la sostituzione di soggetti diversi nella titolarità dei rapporti facenti capo all’associazione medesima, tenendosi peraltro conto del fatto che l’esternazione del potere rappresentativo può avvenire anche senza espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato, purché vi sia un comportamento del mandatario che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente la circostanza che egli agisce per un 31 soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto sono destinati a prodursi direttamente e, in proposito, il relativo accertamento costituisce compito devoluto al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e da errori di diritto (nella specie, la Suprema Corte, sulla scorta dei principi affermati, ha confermato la sentenza impugnata che, in relazione ad una domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto locativo, aveva ritenuto che, malgrado l’alternarsi di soggetti diversi nella posizione di rappresentanza dell’associazione professionale conduttrice, quest’ultima avesse comunque conservato la qualità di effettiva parte locataria, come originariamente rivestita, con la conseguenza che non poteva ravvisarsi alcuna cessione del contratto e, dunque, il lamentato inadempimento, anche in ordine al dedotto mancato pagamento dei canoni, in quanto lo stesso era stato respinto dalla medesima locatrice ricorrente, la quale aveva la consapevolezza che il rapporto di locazione si era costituito a vantaggio dell’associazione professionale, rimasta identica pur nel mutamento delle persone che, rappresentandola, ne avevano curato nel tempo gli interessi). All’opposto, in altre pronunce, parimenti recenti la Suprema Corte ha negato che l’associazione tra professionisti sia configurabile come centro di imputazione di interessi o come ente collettivo, con autonomia strutturale e funzionale, per cui essa non può sostituirsi ai suoi aderenti e non assume la titolarità dei rapporti con i clienti, che continua a gravare sugli associati. Vi era, poi, un orientamento minoritario, secondo cui le associazioni tra professionisti avrebbero avuto la natura di società semplice, in quanto l’attività comune gestita dai professionisti, non potendo consistere nell’esecuzione collettiva del contratto d’opera professionale, avrebbe avuto ad oggetto lo sfruttamento economico in comune dell’attività professionale dei singoli associati. Dalla complessiva lettura delle citate pronunce emerge chiaramente come la natura di ente collettivo e l’essere autonomo centro di imputazione di interessi venivano negati laddove si trattava di assumere la titolarità dei rapporti con i clienti ed in particolar modo ci si riferiva al rapporto (contratto d’opera professionale) fra cliente e professionista; mentre, viceversa, quando 32 non si trattava di questioni attinenti a detto rapporto, o laddove, comunque, non si presupponesse la sua personalità, la giurisprudenza pareva più incline a riconoscervi un autonomo centro d’imputazione. Quindi, a seconda dei profili che venivano in rilievo, ed ovviamente a seconda di quello che era lo scopo perseguito dall’associazione - compatibilmente con il principio della personalità della prestazione - se ne poteva tracciare una equiparabilità o meno con le associazioni non riconosciute. In linea generale, pertanto, anche a voler riconoscere siffatta equiparabilità, la giurisprudenza ha tradizionalmente escluso la possibilità di ricorrere allo schema societario, ed in particolare a quello della società semplice. Tuttavia, si tratta di pronunce emesse in costanza del divieto di costituire società tra professionisti. Venuto meno tale divieto, appare forse preferibile l’orientamento, che in passato era minoritario, secondo cui le associazioni tra professionisti avrebbero avuto la natura di società semplice. Poiché lo scopo di tali associazioni è pur sempre quello di conseguire un vantaggio economico, sarebbe da escludere l’inquadramento delle associazioni professionali nell’ambito delle associazioni non riconosciute, le quali sono invece caratterizzate dall’assenza dello scopo di lucro. La circostanza, altresì, per cui l’attività di queste associazioni non è né commerciale, né agricola, induce a ritenere che le stesse siano qualificabili come società semplici. Ciò posto, se si aderisce alla tesi secondo cui le associazioni professionali hanno la natura di società semplice, la trasformazione in STP, nella quale si adotti un modello diverso dalla società semplice, avrebbe la natura di trasformazione progressiva omogenea da società semplice in altro tipo sociale. L’adozione, invece, delle regole della STP attraverso il ricorso al modello della società semplice non avrebbe la natura di trasformazione, bensì di modifica statutaria. 33 In particolare, laddove si accolga la tesi secondo cui l’oggetto della STP sia lo svolgimento dell’attività professionale, occorrerà modificare l’oggetto dell’associazione, in quanto le associazioni professionali non hanno per oggetto l’esercizio delle attività professionali. Se invece, si ritiene che la STP abbia la natura di società di mezzi, pur non essendo necessario modificare l’oggetto sociale, occorrerà in ogni caso adottare una nuova denominazione sociale, che dovrà contenere l’indicazione “società semplice tra professionisti”.
- PROCEDURA PER ATTO DI COSTITUZIONE SRL con conferimento e\o con procedura di trasformazione.
- Elaborazione di perizia di stima giurata (ex. Art.2465 CC);
- Scelta del tipo societario;
- Redazione atto di costituzione con allegato statuto
5.a Perizia di stima giurata – ex 2465 Codice Civile
Deve essere redatta da un revisore legale (Dottore Commercialista)
La relazione dovrà contenere la descrizione dei beni o crediti conferiti, l’indicazione dei criteri di valutazione adottati e l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale.
La perizia deve riflettere possibilmente una situazione aggiornata a non più di 120 giorni.
La perizia deve attestare che il valore economico conferito sia almeno pari o superiore al valore del capitale sociale..
5.b La scelta del tipo di società
Si esclude in partenza la scelta di una società di persone e ci si orienta da subito verso una società di capitali (S.r.l. oppure S.p.a.).
Tra le due, considerato che la forma della Spa comporta adempimenti amministrativi più gravosi e che non c’è per ora la necessità di emissione di prestiti obbligazionari, si ci rivolge alla Srl che garantisce la netta separazione tra il patrimonio personale ed il patrimonio della società.
Ci si domanda se sia meglio costituire una società tra professionisti (STP) oppure una srl commerciale.
Sembra che il modello societario STP non sia stata una scelta vincente da parte del legislatore; infatti sono state costituite pochissime STP mentre le società commerciali tradizionali hanno visto una crescita esponenziale. Questo perché ci sono troppi vincoli da rispettare ed ancora molte incertezze (soprattutto fiscali) rispetto alle tradizionali società commerciali quali ad esempio:
- Il fatto che il professionista possa partecipare ad una sola STP;
- Il fatto che si rimanga soggetti al controllo dell’ordine professionale ed alla deontologia;
- l’assicurazione obbligatoria da stipularsi;
- l’assoggettamento ad ENPAM;
- vincoli nella pubblicità.
Nel caso ci siano elevati fatturati, i notevoli investimenti ed numerosi dipendenti è preferibile non fare una Stp ma una Srl commerciale.
5.c Lo Statuto
Lo statuto societario è quell’atto che regola la vita interna della società e pertanto assume importanza nel momento in cui nascono conflitti tra i soci o nasce mancanza di dialogo tra di essi. Esso verrà riposto in un “cassetto fino a quando non emergeranno conflitti insuperabili”.
Il Vostro notaio di fiducia sicuramente può proporre uno statuto a voi adatto.
E’ opportuno, a mio avviso, regolare in modo chiaro e dettagliato all’interno dello statuto i seguenti punti:
- il diritto di prelazione, in caso di cessione di quote;
- la clausola di gradimento per nuovi soci;
- l’amministrazione della società.
Il diritto di prelazione permette di fare in modo, prima che un socio ceda la propria quota societaria ad altri, che questi debba garantire una precedenza nella cessione ai soci già presenti nella compagine.
La clausola di gradimento per nuovi soci invece permette di regolamentare l’ingresso di nuovi soci.
5.e Oggetto sociale
Un esempio sintetico di oggetto sociale potrebbe essere il seguente, potete comunque personalizzarlo se preferite:
ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DI STUDI MEDICI GENERICI E POLIAMBULATORI SPECIALISTICI;
ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DI STUDI ODONTOIATRICI IN TUTTE LE SUE FORME E SPECIALIZZAZIONI ANCHE IN REGIME CONVENZIONALE CON IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE, DELL'ATTIVITA' DI MEDICINA E CHIRURGIA ESTETICA, DI CENTRI DI RIEDUCAZIONE, RIABILITAZIONE E COME SERVICE ODONTOIATRICO.
- LE REGOLE CHE DETERMINANO IL REDDITO della nuova società tradizionale Srl
La società determina il proprio il reddito in base al principio di competenza.
Vi è quindi l’abbandono del principio di cassa e c’è uno stravolgimento della gestione contabile.
In presenza di elevato fatturato ed i numerosi documenti consiglio sempre una gestione interna della contabilità per le seguenti ragioni:
“Lo scopo principale della contabilità è quello di valutare, elaborare, rappresentare e controllare le situazioni economiche e finanziarie legate alla gestione dell’azienda. Comprendere l’importanza e l’efficacia della contabilità all’interno dell’azienda è basilare per gestire al meglio la struttura sanitaria.
Il primo punto di partenza è quello di non considerare la gestione contabile un mero obbligo utile solo al calcolo delle imposte ma un vantaggio informativo per effettuare al meglio le scelte relative all’attività.
La maggior parte delle aziende affida la propria contabilità ad un commercialista il quale, per esigenze organizzative, non riuscirà mai ad avere una gestione aggiornata di tutti i clienti e fornitori: alcune scelte invece andrebbero fatte tempestivamente (es.: acquisto di nuovi beni strumentali, di beni merce, programmazione delle uscite per imposte, posizionamento del proprio studio all’interno del mercato).
La contabilità interna ha lo scopo di facilitare la gestione e di consentire il controllo delle spese in tempo reale. “
Lo svantaggio della contabilità interna è il costo del personale addetto ad essa che è un onere aggiuntivo per la struttura.
6.1 La tassazione
Il reddito imponibile della società sarà assoggettato ad Ires (24%) ed Irap.
Se la società distribuirà gli utili conseguiti ai soci questi dovranno versare un’ulteriore importo pari a circa il 20 % dell’utile.
Il risparmio fiscale si genere quando gli utili non vengono distribuiti ma vengono reinvestiti nella società. Attenzione che occorre che comunque i soci dichiarino un reddito fiscale sostenibile e credibile che soddisfi il loro tenore di vita.
Esempio
Reddito studio | 1.000.000,00 € |
4 soci 100.000 euro | (400.000,00 €) |
Utili non distribuiti | 600.000,00 € |
Risparmio fiscale – differenza tra aliquota marginale 43% ed aliquota Ires 24% (19%) | 114.000,00 € |
- RAPPORTI TRA I SOCI E LA SOCIETA'
Per configurare i rapporti lavorativi tra i soci e la società si possono ipotizzare tre soluzioni.
- I soci aprono la partita Iva e fatturano alla società le prestazioni eseguite.
Così facendo continuano a versare l’Enpam, la società beneficerà di maggiori costi.
- I soci vengono assunti come dipendenti della società
Il vantaggio è che i relativi costi sono detraibili (stipendi e contributi previdenziali ed assistenziali) lo svantaggio è che si versano contributi Inps elevati.
- I soci ricevono un compenso come amministratori.
Anche in questo caso i costi dei compensi amministratori ed i relativi contributi previdenziali (versamento presso la gestione separata Inps) sono detraibili da parte della società. E’ inoltre possibile con delibera assembleare variare di anno i compensi amministratori. Anche in questo caso lo svantaggio è l’elevato costo dei contributi.
- INQUADRAMENTO PREVIDENZIALE
E’ necessario conoscere la storia previdenziale di ciascun associato in modo da fare opportune scelte.
I soci potrebbero ricevere le somme che solitamente percepiscono tramite varie forme e\o un mix di queste come ad esempio:
- Compensi per fatturazione alla società;
- Dividendi;
- Compensi amministratori.
Ad esempio un socio in età pensionabile, potrebbe ricevere ciò che gli spetta in parte come compenso per fatturazione alla società ed in parte come dividendo.
Avrebbe i seguenti risparmi:
- Pagherebbe l’Enpam la metà;
- Sui dividendi non pagherebbe l’Enpam.
- LE PRATICHE DA SVOLGERE IN CASO DI CONFERIMENTO - TEMPISTICA
Le seguenti pratiche sono obbligatorie:
- Richiesta del codice fiscale e della partita iva all’Agenzia delle Entrate;
- Richiesta di posta elettronica certificata (Pec) per la società (presso Aruba\Legalmail etc.)
- Richiesta di smart card per tutti gli amministratori (qualora non ne siano già in possesso);
- Apertura delle posizioni per i dipendenti (Inps, Inail, etc.);
- Pratica di apertura della struttura sanitaria (presso l’ATS di competenza) con comunicazione del direttore sanitario della struttura;
- Comunicazione a tutti i fornitori della nuova denominazione\forma societaria;
- Cambi di intestazione di tutte le utenze;
- Iscrizione della struttura al Sistema Tessera sanitaria.
La tempistica può essere relativamente breve e contenuta, realizzabile in 45/60 giorni.
- STUDI ATTUALI
Attualmente tutti gli studi che vi allego (vedi Fondazione Dottori Commercialisti e Notariato) si concentrano sulla possibilità di conferire e\o trasformare l’associazione in una società Srl Stp.
Di conseguenza nulla vieta che il conferimento e\o trasformazione avvenga in una Srl commerciale come sono configurate tutte le cliniche e le strutture sanitarie che fanno investimenti di capitale notevoli.
Lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico si è pronunciato in tale senso con la nota di protocollo n. 415099 del 23 Dicembre 2016 del quale riporto un estratto:
“Ma tale applicabilità non esclude che sia consentita, nell’ambito dell’attività sanitaria, la costituzione di società, purché tale costituzione avvenga per offrire un prodotto diverso e più complesso rispetto all’opera dei singoli professionisti, quale è la prestazione di servizi che trascendono l’oggetto delle professioni protette (come potrebbe essere, ad esempio, l’esercizio di una clinica rispetto alle prestazioni di un medico etc)”.
- RISCHI INERENTI AD UNA OPERAZIONE DI COSTITUZIONE DI UNA SOCIETA' MEDIANTE CONFERIMENTO E/O TRASFORMAZIONE.
A mio avviso non ci sono particolari problemi di carattere fiscale in quanto:
- Non c’è alcun corrispettivo
- C’è continuità di valori contabili
- Avviene alla luce del sole
- Non c’è alcun abuso di diritto in quanto ci sono valide ragioni economiche che spingono alla costituzione.
Studio Bodini
Per contatti 030/46038
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